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19 Aprile 2023
Mercoledì 26 aprile, alle 17:30 ci troviamo al Liber Cafè di Trento per presentare la nuova pubblicazione della collana "il contrario". Si tratta della traduzione di Giusitta Boso dei "Diari di una missionaria trentina in Africa" di Alcisa Zotta. La traduttrice dialogherà con i professori, curatori della collana, Andrea Binelli e Fulvio Ferrari. Porterà la sua testimonianza Odilia Zotta, sorella dell'autrice.
Una testimonianza particolare, scritta da una trentina in inglese.
Eccezionale è infine il profilo linguistico della traduzione. Partendo dalla laboriosa trascrizione dell’inglese imperfetto di una non madrelingua – su questi aspetti filologici insistono alcune delle parti più interessanti della tesi – la traduttrice è riuscita a individuare i presupposti e i concetti espressi pur fra mille impliciti e reticenze, e a renderli in una veste linguistica sintomatica dello stile di pensiero in cui è possibile riconoscere l’autrice per accompagnarla nel suo pellegrinaggio. Le difficoltà non sono state banali e fra queste spiccano la ricostruzione della toponomastica, delle pratiche sociali, dei riti, dell’ambiente e degli oggetti che vi compaiono. Arduo è stato inoltre rintracciare l’eventuale traduzione italiana delle numerose letture straniere che si rincorrono nel diario: soprattutto libri di autori francesi – Alcisa era laureata in letteratura a Parigi – ma anche di anglofoni (Ernest Hemingway e Harriet Beecher Stowe) e di un ricco parterre di camerunensi, senegalesi e guineani.
E se incontrare i toponimi africani accanto ai dettagli minuti del quotidiano – le galline, il giardino, il falegname che costruisce la libreria – proietta la narrazione nell’esotico, imbattersi in Albert Camus, André Malraux (“il migliore”, annota Alcisa) e Antoine de Saint‑Exupéry dà corpo all’ipotesi che sia la personalità raffinata e complessa di chi scrive e non la semplicità di pensiero a giustificare l’umiltà “deliberata” con cui nel diario viene raccontato l’insolito senza mai arrogarsi il diritto di giudicare. A conferma di questa sensibilità elevata ci sono i passaggi più toccanti a cui Alcisa talora affida un inno alla natura e alla bellezza di quei luoghi magnifici.
Alcisa introietta molto, spesso tace e a volte le sue parole tradiscono una presunzione di superiorità nei confronti delle persone che sta aiutando. Più spesso, però, prevale l’urgenza di spogliarsi della propria cultura, trasformarsi in una di loro e sublimare i modi essenziali cui gli africani sono costretti dalla povertà. È anzi questo il grido lanciato dal cuore che ricorre con maggiore frequenza nei diari. E a margine di molte annotazioni aleggia una strana forma di mistero che si sviluppa nel non detto, nelle allusioni e nelle omissioni. È come se attraverso questa marca stilistica Alcisa intendesse dar prova di accettare come ineluttabile la volontà di Dio, di accogliere l’impossibilità di conoscere fino in fondo le cose, ciò che ci circonda, noi stessi. (dall'introduzione di Andrea Binelli)